Cinque minuti ancora, seduti su uno spessore di cemento poco ripido ma abbastanza alto da far venire un lieve sussulto dopo qualche finta di slancio all’indietro. Uscire con il sole, vederlo salire in alto, scaldare la piazza, pronto a farci togliere le giacche e indossare gli occhiali; un sole che fa presto a nascondersi dietro una nuvola grigia, sale e scompare nel giro di quei cinque minuti. Attese brevi e attese più lunghe, come gli ultimi silenzi insieme con i sospiri pesanti tra le ginocchia e gli occhi abbassati a guardare il buio. Cinque minuti ancora, ascoltandosi, prendendosi in giro, arrabbiandosi anche senza dire una parola, perché a volte sono state pungenti, taglienti, vuote, vane, non troppo pensate, hanno fatto male, troppo bene e a volte ossimori insieme.
Cinque minuti ancora, tra una goccia di pioggia e l’altra, acquazzone di risate rubate al tempo tiranno, mischiandosi con le lacrime ormai consumate di questi giorni andati all’aria, persi con le paure, gesti mancati o forse troppo rinati, come gli abbracci sentiti e le mille canzoni ascoltate. Saranno veri questi cinque minuti, saranno un ricordo lontano, piacevolmente spolverabile, curabile, incorniciabile, personale di quei cinque minuti che, ormai passati, si sono spenti senza rimpianti apparenti.
Ed è così che, dopo quei cinque minuti, ci ritroveremo seduti, al solito posto, sentendoci esattamente come non fossero mai passati.
Ore,minuti, secondi… iperboli di tempo.
Tvb!