Manchi

Mi manchi più dell’aria che respiro, mi manchi che manca il tempo insieme, come se non smettesse mai di piovere dentro me, una goccia dopo l’altra che bagna e allaga gli occhi. Mi manchi che non vedo più nulla, solo macchie colorate; manchi sempre, ogni maledetto secondo del giorno quel vuoto costante si fa sentire un po’ di più e spinge, spinge come un ago sulla pelle, di ghiaccio, di amore, di ricordi inspessiti e gonfi di tutta la meraviglia che mi hai insegnato. Mi manchi quando mi addormento, manchi quando non riesco a farlo, mi manchi se ascolto certe canzoni, manchi in silenzio, quando vorrei urlare, quando urlo e piango, sorrido e penso, mi manchi senza limiti, senza sapore dei troppi gusti insieme finché il sale delle lacrime si è perso in un mare di parole. Mi manchi che non mi so spiegare come mi sento, come quando durante il giorno ti vedo, ti sento, ti sogno. Manchi senza freno, quando mi chiudo dietro una porta, manchi perché, perché quanto manchi, Dio solo lo sa, quanto manchi, sarà per sempre così.

Furia.

Se chiudo gli occhi posso rivedere le tue scodinzolate in giro per la casa, come quando per arrivare nel tappeto passavi dalla parte più stretta dell’armadio e la coda sbatteva contro la porta scorrevole, sembrando un tamburo al ritmo perfetto.

Se chiudo gli occhi posso cercarti in ogni stanza, a volte ti piaceva stare in camera mia davanti alla finestra proprio nelle ore in cui il sole picchiava e riscaldava il pavimento; spesso ti addormentavi cosi bene che le foto erano d’obbligo e richiedevano il minimo sforzo. Risento il ticchettio di quelle unghiette sul pavimento, segno che ti stavi avvicinando da qualche parte, per mangiare forse?! O semplicemente per trovare compagnia. Non ti piaceva stare da sola eh, capitava di ritrovarti in bagno e mi aspettavi fuori dalla porta o addirittura sopra il tappetino della doccia e io sotto la doccia (😜).

E quanto ti piaceva giocare a nascondino o alla caccia al tesoro con tutti i croccantini posizionati perfettamente sulla tappa da raggiungere.

Se chiudo gli occhi ti vedo saltarmi addosso ogni volta che ritornavo a casa da scuola o anche solo dopo 1 ora di assenza; quel tuo modo buffo di eccitarti dalla felicitá di vederci, gli occhi ti brillavano sempre.. 24 ore su 24, niente ti fermava, niente ti buttava giu perché eri tu a tirare su tutti quanti noi.

Se chiudo gli occhi rivedo te cucciola che lecchi tutta la faccia di Ga e il vostro primo abbraccio che vi ha uniti per sempre.

Le passeggiate notturne con il babbo, la mamma che ti preparava la cena e che tu marcavi stretta, S.Giacomo, i campi, i gatti, gli uccellini risparmiati, le gite in macchina, al fiume, all’Ikea…

Se chiudo gli occhi ti vedo saltare mentre faccio gli esercizi sul tappeto… Mi disturbavi sempre e mi camminavi sopra mentre provavo a fare qualcosa di ginnico.

Ti vedo dormire nelle più strane posizioni possibili o correre in uno dei tuoi momenti impazziti, quando facevi il giro di tutta la sala e concludevi in scivolata verso la porta della cucina. Ti sento abbaiare il sabato sera all’arrivo della pizza, non so come tu riuscissi a riconoscere che eravamo arrivati a quel giorno della settimana e che il babbo era uscito appositamente per andare a prendere le pizze: gli unici tuoi abbai. Ti vedo entrare in camera per farmi compagnia mentre studio, mentre leggo, mentre dormo. Ti sento aprire la porta spingendola con il muso per farmi capire che é ora di uscire a fare un giro e che forse ti scappa forte la pipì.

Se chiudo gli occhi ti vedo rincorrere le lucertole in terrazza, giocare con le luci proiettate sul muro, il pollo di plastica, le ossa che alla fine non hai calcolato molto. Ti sento russare, ti sento sognare e muoverti a scatti perché chissá che cosa c’era nella tua mente in quei momenti. Ti vedo seduta davanti alla ciotola del cibo, sento la tua coda sbattere sul termosifone della cucina la mattina alle 6, mentre io dormo ma non mi arrabbio, perché era segnale della tua presenza. Ti ho insegnato a darmi la zampina, a stenderti a terra, a salire sul letto (anche se non potevi), passare sotto il letto, metterti seduta e restare ferma fino a quando non ti dicevo io di scattare.

Se chiudo gli occhi ti vedo piccolissima, matta e giocherellona (solo quando andava a te) e anche un po’ dispettosa ma sempre con una tale dolcezza che il cuore si riempiva di gioia, come quando hai distrutto le ciabatte di tutti noi.. le scarpe, rosicchiato le sedie, il tappeto, le casse del vecchio giradischi.


Se chiudo gli occhi vedo i tuoi occhi guardare i miei, quegli occhi così grandi e scuri che ci si poteva nuotare dentro; quegli occhi che mi hanno seguita per quasi 16 anni della mia vita… Hanno assistito a momenti felicissimi, tristi, di rabbia, malinconici, divertenti, stanchi… Quegli occhi cosi profondi che ormai parlavano, raccontavano ogni giorno una storia diversa. É come se rivedessi tutto a rallentatore, i nostri salti in sala con la musica altissima, le coccole, le carezze con quei baci sul muso e le tue leccate su tutte le mani che sembravano infinite. Il rallentatore mi permette di riscoprire piano piano dentro il cuore i ricordi più belli, più puri, li scopre così bene che mi fanno respirare meglio. Perché mi facevi sentire straordinaria, insieme eravamo straordinarie e non te ne é mai importato nulla di come fossi io o di come fossimo noi come famiglia, percepivi l’amore di tutto l’universo e ci facevi sentire completi.

Se chiudo gli occhi posso solo ricordarti meravigliosa, come tutte le sensazioni e le emozioni che mi hai fatto provare in questa tua vita così lunga, così sincera. Se chiudo gli occhi mia Furia, ti sto abbracciando più stretta che posso, con tutte le mie forze, con tutto l’amore del mondo ti porto dentro il cuore e dentro l’anima e mai si scioglierà l’immagine che ho di te.

Se chiudo gli occhi, un’ultima volta… Ti vedo correre nei campi verdi tra l’erba sotto un sole di una domenica di questo febbraio ormai alla fine.

Sei stata la parte migliore di me e non ti dimenticherò mai.

Marta.

Distanti emozioni vicine

Una serata tranquilla, una serata come le altre, una di quelle serate dove ti senti stranamente a tuo agio con il mondo circostante. Tutto regolare, nessuna sfumatura strana sta prendendo il sopravvento tentando di boicottare il tuo stato d’animo; la giornata sta proseguendo nel modo più normale possibile.

Passano le ore, passano i minuti e con loro i secondi, quei perfetti millisecondi che possono ribaltare completamente l’andamento delle pulsazioni del tuo cuore, in positivo o in negativo che sia, quei maledetti millisecondi che – se presi al momento giusto – potrebbero catturarti e stringerti una corda intorno alla vita e annodarla più forte di una morsa, di un graffio sulla pelle, di quelli sentiti, potenti, dolorosi.

Ma tu continui a passare impassibile le ore della giornata senza pensare, sfogli le pagine di un libro, ascolti la musica, fai due chiacchere con qualcuno, scorri le chat sul cellulare, Instagram, Facebook, tutto è al solito posto di ogni stramonotono giorno della tua esistenza.

Decidi così di alzarti, di distrarti in altro modo, guardando una serie e mangiando della pizza, o semplicemente uscendo e prendendo una boccata d’aria fresca che ti penetra lentamente ogni singolo strato di pelle, punge, si fa sentire, ti sta solo anticipando quanto il tempo potrebbe essere dalla tua parte, o forse no.

Occhi, sguardi, parole, pianti, abbracci stretti che non si capiscono ma che ci sono, serie di intrecci che appaiono indispensabili ma così interrogativi, come l’atmosfera che si sta venendo a creare.

In un attimo tutto prende una piega diversa, cerca di trasformarsi e di voltare pagina, senza nulla di premeditato, nulla che possa accelerare la corsa verso l’indefinitezza di una giornata che quasi stava per concludersi.

Tu continui a chiederti dentro la testa che cosa fare, fino dove poter lasciare scorrere i pensieri e quando, poi, chiudere gli occhi fingendoti impassibile. C’è un’ombra lontana che mi sfiora il viso e tenta in qualche modo di rassicurare la mia stabilità ma tu, io, noi, non riusciamo più a contenere l’essenza che ci sta contraddistinguendo priva di ogni nervatura imperfetta.

Questi sguardi e queste parole continuano silenziosamente, forse i silenzi più lunghi che tu abbia mai provato in tutta la tua vita, li senti scorrere, fluire, sollevarsi da terra e prendere il volo, il più alto che esista.

Tutti questi silenzi dicono tanto di te, parlano di me ma c’è una reciprocità quasi palesemente presente; tutto comincia – a tratti – ad acquisire senso, una pregnanza che mai ti saresti immaginato di vedere, spalmata davanti al viso, sul palmo della mano, così stretta alle nostre, alle tue, alle mie.

Il tempo è arrivato, è ora di andare, di lasciarti andare ma l’abbraccio lieve stretto sul petto mi lascia un senso di vuoto che forse mai, nella vita,dimenticherò.

Fino in fondo verso il blu

Queste serate strane, quando la mente si offusca tutto il resto comincia a divampare, come se fosse un fuoco appena acceso. È la mia mente a fermarsi, a chiedersi che cosa stia passando quotidianamente, quali parole possono graffiarla, quali ferirla: svuotarla.

Una musica di sottofondo aiuta i pensieri più timidi a venir fuori, a farsi forza e mostrarsi per quello che sono, briciole impolverate come un vecchio libro sullo scaffale più alto.

Verso il blu, fino in fondo verso il blu.

Ho nuotato insieme alle corde di una chitarra preziosa, preziosa come la prima volta in cui ho potuto sentirne il suono provenire dalle mie stesse mani, le mie dita e una vibrazione lungo la stanza.

Verso il blu, fino in fondo verso il blu.

Queste serate strane, mi fanno pensare a tutto quello che non c’è stato e quello che distrattamente ci connette con le lacrime dell’aria che respiriamo giorno dopo giorno, ora dopo ora.

Verso il blu, un infinito senza colore.

Ero

Ero una goccia di pioggia, volevo solo tentare di fare qualcosa più grande di me, e mi spinsi oltre le mie capacità.

Sognare è sempre stato terribilmente difficile nel mio mondo di fate, draghi, immagini oscure nella notte, come è stato difficile riuscire a placare l’immaginazione che mi scorreva dentro il corpo, abbracciando qualsiasi tipo di profumo ed esperienza di lodevole felicità.

Ero una piccola parte di questo immenso pianeta che, alla fine, non è poi così tanto immenso.

Camminavo lungo le sponde del ponte della mia fantasia, saltellando tra i fili d’erba che il cielo mi porgeva, senza farmi sentire più piccola rispetto a lui: respiravo il sole.

Correvo e acchiappavo perline colorate come l’arcobaleno, lasciando qualche spiraglio di luce alle vibrazioni delle corde di quel violino ormai opaco, chiuso dentro il suo odore di “passato”.

Sentirsi diversi è gratificante, sentire mille voci sfumate dentro la testa è affascinante come il riflesso della luna lungo il mare, nero. Pace, tranquillità e brividi possono solo farmi volare sempre più in alto delle nuvole.

Ero un petalo, un petalo di una rosa rossa, viva, sorridente.

Andare avanti senza sapere cosa ti aspetta e cosa ti riserva il futuro dei giorni, io e te: pronti per ogni cosa.

Prendi la mia mano e cammina veloce, tralasciando le facce attonite di tutti, tralasciando ogni piccolo odore amaro di gelosia: RIDI.

La strada sarà lunga prima di raggiungere quella specie di perfezione instabile che mi circonda il cuore, l’ultima volta non giungerà mai e ci lascerà trasportare dall’aria gelida di un dicembre appena iniziato.

Ricordo come se fosse ieri

 

Ricordo come se fosse ieri, le ombre dei passi che si arrampicavano sui muri della mia stanza: era colorata. Non è mai facile provare a cambiare abitudini, trovarsi capovolti in una sfera che non è più così perfetta, così pura, così tua. Mi aggroviglio sui rami di una stanza nuova, cercando di farla apparire viva, viva di quel profumo che ogni mattina sentivo appena mi svegliavo da un sogno strano, surreale, come il resto della mia personalità. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è l’amore di un respiro, un respiro profondo che fa vibrare le corde di un violino così velocemente da farle lanciare verso l’alto, ballando le note di una musica nuova, che ricorda il richiamo della natura.

Siamo sotto l’essenza della vita che ti chiama, ti grida di rincorrerla, anche sotto l’acqua torbida di un torrente in piena, insieme ai pesci, insieme ai sassi e al fango trasportato dalla corrente. In quale altro mondo, in quale altra terra posso ricordare con serenità ciò che sono, ciò che ero e ciò che sarò sempre.

Non dico arrivederci a niente, gioco con le piume di un cuscino nuovo, morbido, che prova ad avvolgermi i capelli e il viso, coccolandoli durante la notte.

In quale altro mondo, noteresti la differenza?