U: “Hei”
D: “Ci conosciamo?”
U: “Non ancora, di dove sei?”
D: – nome del paese –
U: “Woww!!”
[breve pausa]
U: “Single?”
(Tratto da una storia vera)
Ho pensato a un titolo per questo simpatico siparietto e l’opzione più azzeccata (che coincide, oltretutto, con la mia successiva risposta) penso ricada in: NON SAPEVO DI ESSERE A UN COLLOQUIO.
Io me lo immagino così dietro a uno smartphone: foglio di carta con la lista di domande pronta, pennarello verde per le risposte affermative, pennarello rosso per quelle negative e pronti, partenza, via!
L’approccio social è all’ordine del giorno ed è diventato uno dei trampolini di lancio per uomini e donne che hanno voglia di conoscere persone nuove e, forse, farsi conoscere.
L’approccio social, però, può diventare anche molto pericoloso, sapete perché?
Perché succede molto più di quanto non immaginiate che, se non siete interessate alla persona che ti scrive per n-motivi, conterà SOLO il vostro RIFIUTO e in un battere di secondi di orologio sarete quelle che “hanno detto di NO”.
Non più la preda cui fare elogi non ricercati, non più la “bellissima bocca” e quelle che “vorrei averti qui”. Da “sei bellissima” a “sei una t***a isterica” – “non capisci un ca**o” – “mamma mia stai calma, ma chi ti caga, facevo solo il simpatico” il passo è breve, così breve che non riuscirete nemmeno a percepirlo sulla pelle.
L’approccio social è personale e se è personale è anche differente in base al soggetto che decide di scrivere. Rimane un modo di instaurare una conversazione con noi, un tentativo di sondare il terreno e scoprire maggiori informazioni su di noi o, anche, diventa una prova di coraggio, un saluto, una parola, una reazione a una storia di Instagram.
La diversità di questi approcci esiste, almeno all’inizio.
C’è chi decide di scriverti e lo fa con garbo, curiosità e parole carine; c’è chi pensa di essere al mercato della frutta e del pesce e decida di utilizzare parole subito volgari o lanciare complimenti sul fisico – chiaramente non richiesti – come se tu fossi il più bel pezzo di carne trovato esposto nel feed.
C’è chi, poi, usa il social come se fosse una roulette russa, pensando che “prima o poi una mi risponderà” o “vuoi che nessuna becchi e/o ci stia?”. Un po’ come la legge dei grandi numeri: scrivendo a una lista infinita di profili, la statistica vuole che una certa percentuale, forse, risponderà in modo positivo.
Per non parlare dell’approccio altamente esplicito, dove con altamente esplicito intendo la cosiddetta dick-pick. Sì, perché ci sono uomini che scelgono di approcciare mandando in chat la fotografia dei loro genitali in modo completamente spontaneo, come se fosse un’azione normale, come se non fosse una molestia.
Tantissime di voi avranno avuto a che fare con questo tipo di situazione, tantissime di voi avranno vissuto approcci social così; chi più, chi meno, tutte ci siamo ritrovate a dover affrontare messaggi scomodi che non vorremmo leggere e a cui non vorremmo proprio rispondere.
La nostra reazione, dunque, sarà soggettiva e dipenderà ancora una volta da n-motivi.
Potremmo decidere di rispondere in modo gentile e rispettoso a messaggi altrettanto gentili e rispettosi; potremmo decidere di rispondere in modo gentile ma distaccato (qualora non avessimo interesse nell’approfondire la conoscenza). Potremmo anche decidere di non rispondere e rischiare lo stalking virtuale. Le opzioni sono numerose.
E questa nostra spontanea gentilezza, come viene letta da chi scrive? Purtroppo per noi, si traduce in una parola: consenso, nulla di più pericoloso.
Succede che la gentilezza venga presa per volontà, si scambi facilmente per “ok, ci sta” – “ok, è interessata”, – “ok, posso andare avanti e spingermi oltre con parole, complimenti etc.”: NO.
Se io donna, decido di risponderti in modo gentile, questo non significa che io abbia voglia di conoscerti, di approfondire il rapporto e, OVVIAMENTE, di volere concludere sessualmente qualcosa con te.
Plot twist
Nel momento in cui – e capita 9 volte su 10 – ci rendiamo conto che la situazione comincia a farsi ambigua proprio a causa di quella nostra gentilezza spontanea, le carte in tavola non solo cambiano, ma saltano letteralmente per aria: è la prassi.
Basta una nostra presa di posizione, una maggiore chiarezza e un tono di voce più fermo che tutto il copione si ribalta e si parte, quindi, con gli insulti.
Il motivo? Forse orgoglio maschile, o forse il senso del rifiuto: non conosco il vero motivo, ma so per certo che la facilità con cui ci attaccano è conseguenza di un sistema ben più grande che, chiamato col suo nome, recita patriarcato.
La gravità di questa situazione sta proprio nel sentirsi in diritto di mandare certi messaggi e di scagliarci addosso certe parole, solo perché la società in cui viviamo lo permette e non fa nulla per migliorarsi.
Finché siamo gentili tutto bene, poi siamo t***e, poi dovremmo farci una risata, poi siamo bigotte, poi ci scandalizziamo per un pene in chat. Tutto regolare, tutto perfettamente nella norma.
Scontato dire che da qui, poi, possa partire spesso il senso di colpa. Io stessa tante volte mi sono sentita in colpa per la mia gentilezza e il mio non essere “stronza” sin da subito. “Forse sono troppo carina” – “Forse sono stata troppo gentile” – “Magari se non avessi risposto così…”: nulla di più sbagliato e pericoloso (ma ci torneremo con un’altra storia).
Dunque, sì all’approccio social, con rispetto.
No alla violenza verbale: quella, molto spesso, non si supera.