Non si era proprio accorta della strada che aveva fatto per arrivare a quell’attimo di vita. Il suo mondo, le sue consapevolezze nuove, il suo viso ripulito dai mesi precedenti. Tutto, nella sua altalena, appariva stanco e immobile: non riusciva a sbloccare la luce dal fondale.
«Come vorrei» – si ripeteva ogni mattina appena sveglia. Iniziavano così le sue giornate: un occhio mezzo aperto sulla realtà, l’altro ancora galleggiante su sguardi mai visti. Mettere giù i piedi dal letto singolo che si portava dietro dall’infanzia – ferro battuto verde, regalo di un nonno reincarnato in manto nero, poi di nuovo scomparso – significava cominciare un nuovo giorno all’insegna della passione, elemento immancabile ai fini del respiro. Una colazione ricca per attivare le papille gustative, un caffè-latte lungo intriso d’amore, un post-it macchiato da riporre dentro il solito cassetto.
Tutto, in quella sua vita bloccata, trasudava segnali d’amore, ma non era più capace di accoglierli. O meglio, accoglierli era semplice, non riusciva più a trasformarli in sereno.
«Come vorrei» e andava avanti così tutta la mattina, scorrendo parole sullo schermo del portatile, scrollando video, immaginandosi diversa da quella che era, riscrivendosi capace di quello che ancora non aveva potuto mostrare.
Le giornate erano tutte uguali e il tempo passava comunque rapido. Routine, ordine, un riflesso allo specchio desiderabile, ma comunque cieco. Che cosa c’era di sbagliato in quell’immagine? Dove era finito quel quadernino che abitualmente si portava in giro? Quando, esattamente, aveva perso la capacità di evadere?
Era una lucciola, una lucciola in cerca del suo buio da accendere.
Si chiamava Marta, aveva l’universo dentro.
É molto bella questa introduzione
Saluti e complimenti
A.
Tu dici?
Grazie mille <3