«È stato un viaggio completo», così si ripeteva nella testa da quando quel vuoto aveva preso parte alla sua vita. In fin dei conti, pensava, viaggiare così a lungo e per così tanto tempo attraverso le onde che l’universo ti dispone davanti beh…non è cosa da tutti.
Dicono che sia il tempo il vero alleato alla guarigione quando la barca decide, di sua sponte, di allacciare la corda alla sua riva. Il tempo come cura, il tempo come riempimento di qualcosa che non puoi più respirare ma che puoi, a piccoli passi e con il giusto equilibrio, continuare a sentire dentro la pelle.
Era passato davvero poco da quella mattina.
Tutto appariva come al solito, anche se il solito, ormai da mesi, non era più lo stesso. C’erano le nuove abitudini a essersi fatte spazio sulle vecchie, c’erano strade diverse da percorrere, profumi nuovi da dovere respirare, voci sempre più sottili da cullare. In cuore suo sapeva che la riva si stava avvicinando ogni giorno di più; lo aveva capito verso metà del mese dei crisantemi, durante quel pomeriggio che sembrava infinito nell’offrire certe consapevolezze, tutte verità fino a quel momento mai contemplate.
«Che cambiamento» – era la frase che risuonava dentro la stanza, che era diventata tutta la casa. La presa di coscienza fece più male della riva stessa, di questo ne era completamente certa. Era cambiato l’approccio al viaggio, era cambiata la reazione ai giorni nuovi e, lentamente, stava cambiando tutto dentro quell’anima indistruttibile.
Erano le 11:06 del 25 dicembre 2023 quando una delle sue voci più importanti la informò che il viaggio era giunto al termine, che quell’anima pensata eterna aveva veramente deciso di scendere dalla sua imbarcazione con la tranquillità di chi sa di avere fatto tanto, se non tutto, per tutte le onde del mare incontrate lungo la sua ricca esplorazione.
Può, il mondo, crollarti addosso nonostante la consapevolezza? Ci si può mai realmente preparare a un’assenza? Non c’è risposta, non c’è autocontrollo che tenga, non c’è pozione magica per respirare bene. Non riusciva a parlare, non riusciva a capire, non poteva inghiottire il sospiro e abbracciava l’apnea di chi è in mezzo al caos del mondo e si ubriaca delle sue emozioni.
«Ci deve essere proprio una stella nuova sopra questo cielo che mi parla» e, in effetti, era davvero così. C’è chi vive per sempre anche dopo l’ultimo bacio sulla fronte prima del buio e pensando al suo animo è naturale pensare che la sua riva sia stata rosso fuoco, perché la luce che la stava investendo da quel 25 dicembre era così avvolgente da perdere il fiato.
Ripensando al viaggio le venivano in mente tutte le sfumature che la memoria aveva raccolto e accudito con grande cura. C’erano le parole da bambina, i pranzi della domenica, quelli alle 13:30 dopo 5 ore di scuola, la schiacciata appena sfornata, le patate con la cipolla, gli spaghetti col tonno e il caffè che sapeva d’acqua ma era comunque unico.
Avrebbe potuto scrivere un libro su quel viaggio e lo avrebbe fatto dalla sua prospettiva: quella di una bambina che cresce tenendo la mano di due presenze che l’hanno respirata come quando si respira la vita e, lei lo sapeva bene, non c’è niente che possa spezzare le linee di quei palmi. Divisi troppo presto, ci pensava spesso, ma adesso riuniti chissà dove, chissà come, chissà in quale parte del cielo a parlarsi delle onde superate insieme, di quelle sfidate in solitaria e di tutta quella vita che hanno creato quando ancora c’era poco ma era comunque tutto.
Non è più il 25 dicembre da un po’, ma c’è comunque qualcosa che rimarrà per sempre 25 dicembre dentro di lei. Chiudendo gli occhi si accorge di essere cambiata, di non essere più quella di prima, di assaporare ancora più profondamente il sale che raccoglie del mare, i passi delle persone che incontra. Quella stella rosso fuoco le ha insegnato che non ci si arrende mai, che la libertà è sacra e non scontata che, se si crede in qualcosa, che sia un ideale, un sentimento, un sogno nel cassetto, la caparbietà è l’ultima che deve morire.
C’è da fare adesso, sa che avrà tanto da fare per slegare la corda di quella riva e, finalmente, lasciare andare l’apnea di quella mattina e godere, invece, delle sfumature di quella infinita marea.
È stato un viaggio meraviglioso, sono state delle mani calde fino all’ultimo, due occhi intensi anche se assopiti, un piccolo saluto con le dita che vale quanto il mondo, due labbra rosse pronte ad accendersi di nuovo in un altro posto.
Che cuore che hai avuto, l’eternità sarà tua come è mio l’amore.
E del viaggio che mi hai regalato resterà sempre una vocina che, di tanto in tanto e molto dolcemente, mi dirà di stare attenta, di fare la brava, di “non andare mai via”.
Per sempre sarà, per sempre e oltre in quel mare di onde.
Tua, enormemente grata, Marta