Ero una goccia di pioggia, volevo solo tentare di fare qualcosa più grande di me, e mi spinsi oltre le mie capacità.
Sognare è sempre stato terribilmente difficile nel mio mondo di fate, draghi, immagini oscure nella notte, come è stato difficile riuscire a placare l’immaginazione che mi scorreva dentro il corpo, abbracciando qualsiasi tipo di profumo ed esperienza di lodevole felicità.
Ero una piccola parte di questo immenso pianeta che, alla fine, non è poi così tanto immenso.
Camminavo lungo le sponde del ponte della mia fantasia, saltellando tra i fili d’erba che il cielo mi porgeva, senza farmi sentire più piccola rispetto a lui: respiravo il sole.
Correvo e acchiappavo perline colorate come l’arcobaleno, lasciando qualche spiraglio di luce alle vibrazioni delle corde di quel violino ormai opaco, chiuso dentro il suo odore di “passato”.
Sentirsi diversi è gratificante, sentire mille voci sfumate dentro la testa è affascinante come il riflesso della luna lungo il mare, nero. Pace, tranquillità e brividi possono solo farmi volare sempre più in alto delle nuvole.
Ero un petalo, un petalo di una rosa rossa, viva, sorridente.
Andare avanti senza sapere cosa ti aspetta e cosa ti riserva il futuro dei giorni, io e te: pronti per ogni cosa.
Prendi la mia mano e cammina veloce, tralasciando le facce attonite di tutti, tralasciando ogni piccolo odore amaro di gelosia: RIDI.
La strada sarà lunga prima di raggiungere quella specie di perfezione instabile che mi circonda il cuore, l’ultima volta non giungerà mai e ci lascerà trasportare dall’aria gelida di un dicembre appena iniziato.