Una serata tranquilla, una serata come le altre, una di quelle serate dove ti senti stranamente a tuo agio con il mondo circostante. Tutto regolare, nessuna sfumatura strana sta prendendo il sopravvento tentando di boicottare il tuo stato d’animo; la giornata sta proseguendo nel modo più normale possibile.
Passano le ore, passano i minuti e con loro i secondi, quei perfetti millisecondi che possono ribaltare completamente l’andamento delle pulsazioni del tuo cuore, in positivo o in negativo che sia, quei maledetti millisecondi che – se presi al momento giusto – potrebbero catturarti e stringerti una corda intorno alla vita e annodarla più forte di una morsa, di un graffio sulla pelle, di quelli sentiti, potenti, dolorosi.
Ma tu continui a passare impassibile le ore della giornata senza pensare, sfogli le pagine di un libro, ascolti la musica, fai due chiacchere con qualcuno, scorri le chat sul cellulare, Instagram, Facebook, tutto è al solito posto di ogni stramonotono giorno della tua esistenza.
Decidi così di alzarti, di distrarti in altro modo, guardando una serie e mangiando della pizza, o semplicemente uscendo e prendendo una boccata d’aria fresca che ti penetra lentamente ogni singolo strato di pelle, punge, si fa sentire, ti sta solo anticipando quanto il tempo potrebbe essere dalla tua parte, o forse no.
Occhi, sguardi, parole, pianti, abbracci stretti che non si capiscono ma che ci sono, serie di intrecci che appaiono indispensabili ma così interrogativi, come l’atmosfera che si sta venendo a creare.
In un attimo tutto prende una piega diversa, cerca di trasformarsi e di voltare pagina, senza nulla di premeditato, nulla che possa accelerare la corsa verso l’indefinitezza di una giornata che quasi stava per concludersi.
Tu continui a chiederti dentro la testa che cosa fare, fino dove poter lasciare scorrere i pensieri e quando, poi, chiudere gli occhi fingendoti impassibile. C’è un’ombra lontana che mi sfiora il viso e tenta in qualche modo di rassicurare la mia stabilità ma tu, io, noi, non riusciamo più a contenere l’essenza che ci sta contraddistinguendo priva di ogni nervatura imperfetta.
Questi sguardi e queste parole continuano silenziosamente, forse i silenzi più lunghi che tu abbia mai provato in tutta la tua vita, li senti scorrere, fluire, sollevarsi da terra e prendere il volo, il più alto che esista.
Tutti questi silenzi dicono tanto di te, parlano di me ma c’è una reciprocità quasi palesemente presente; tutto comincia – a tratti – ad acquisire senso, una pregnanza che mai ti saresti immaginato di vedere, spalmata davanti al viso, sul palmo della mano, così stretta alle nostre, alle tue, alle mie.
Il tempo è arrivato, è ora di andare, di lasciarti andare ma l’abbraccio lieve stretto sul petto mi lascia un senso di vuoto che forse mai, nella vita,dimenticherò.